28 marzo 2009

un viaggio verso la libertà non può che lasciarci liberi di prendere la rotta che più ci rassicura





I tavoli del chiosco all'aperto sono liberi. I ragazzi si guardano imbarazzati. Billy, il più loquace, parla per tutti: "Noi non abbiamo soldi per pagare" confessa.
"Potete essere miei ospiti." Si guardano, si siedono. Non appena la cameriera mette a tavola due polli arrosto, le loro mani li smontano pezzo per pezzo. Tutti e cinque hanno capelli, pelle, vestiti, braccia ricoperti da un velo di polvere. "Da quanto non mangiavate?" Billy sorride come chi ha appena sentito pronunciare una fesseria: "Siamo stranded, amico mio. Non possiamo permetterci di mangiare. Con l'elemosina che raccogliamo possiamo comprarci un bicchiere di gari, acqua e zucchero. E anche chi ha da parte qualche soldo, ma non abbastanza per partire, non li spende per mangiare. Altrimenti resterebbe stranded per tutta la vita".
 Uno dopo l'altro raccontano che da due settimane sono bloccati ad Agadez. La loro mente è ancora piena di progetti, di sogni, di libertà. Solo che non riesce a muoversi dalla città di fango rosso perchè i corpi sono rimasti imprigionati dalla vita quotidiana. La mancanza di soldi. La fame. La polvere. Il costo del biglietto sempre più lontano. Ecco da dove arrivano gli schiavi del ventunesimo secolo. [...] Ecco i loro volti da vicino. La tragedia è che nessuno dirà mai loro che stanno facendo qualcosa di eroico. Nessuno riconoscerà mai che il loro è un gesto definitivo che ha eguali soltanto nello sforzo della nascita. Se arriveranno vivi in Europa, li chiameranno addirittura disperati. Anche se sono tra i pochi al mondo ad avere ancora il coraggio di giocarsi la vita carichi di speranza.
 Billy diventa improvvisamente sospettoso: "Dimmi, tu chi sei? Perchè ci hai offerto questa cena?".
 "Perchè voi avevate fame. E poi perchè vorrei venire a dormire all'autogare. Arrivo da Dakar e sto cercando di andare in Libia."
 "Noi veniamo tutti dalla Nigeria, siamo cristiani" dice Daniel, uno degli amici. Billy lo interrompe con un'altra domanda: "Tu sei europeo, perchè vuoi dormire all'autogare?". "Perchè mi occupo di immigrazione e sto facendo lo stesso viaggio che fate voi."
 I ragazzi si scambiano sguardi preoccupati: "E' meglio di no. Noi non possiamo garantirti la sicurezza" replica Billy. "Voi non mi dovete garantire niente. Vengo e dormo con voi." "Ma tu sei bianco" osserva Daniel, "giorni fa è sparito un ragazzo nigeriano. L'hanno ritrovato a pezzi nella boscaglia, gli avevano preso tutti i soldi."
 "Io non ho soldi." "Loro penseranno che un europeo ha sicuramente dei soldi. E quando ti addormenti, chiunque può darti una coltellata. Lascia perdere, è troppo pericoloso." "Daniel, chi sono loro?"
 Billy zittisce gentilmente con la mano la risposta di Daniel. Poi si morde le labbra chiuse, come se stesse assaporando l'asprezza delle parole: "Amico mio, ascolta. Qui c'è gente stranded da mesi. Quando sei stranded stai peggio di un morto. Perchè hai ancora la capacità di vedere e sentire che un morto non ha. E allora soffri. Loro sono chiunque. Chiunque in un attimo di disperazione può ammazzarti solo perchè pensa che un bianco ha sicuramente dei soldi in tasca. Hai sicuramente una casa, forse una famiglia. Non giocare con la tua vita inutilmente".
 "Non sto giocando con la mia vita. Sto facendo una ricerca, ho bisogno di parlare con il maggior numero di persone. E solo condividendo gli stessi spazi e le stesse fatiche, è possibile abbattere le barriere della pelle e entrare in confidenza. Però se il rischio è così alto, Billy, mi fido dei tuoi e dei vostri consigli."

(da Bilal di Fabrizio Gatti)

p.s. stranded in inglese significa arenato, incagliato, lasciato senza mezzi di trasporto, nei guai in difficoltà.

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